LA TERZA CONFERENZA

La conferenza è posticipata causa problemi tecnici, non dipendenti dalla nostra volontà. Il luogo dell’incontro viene spostato dall’Aula Magna all’Aula Seminari della Facoltà di Economia, e mentre si cercava di trovare un proiettore per diapositive, il Gen. Marcelletti e l’Ing. Magenta, intrattenevano il numeroso pubblico (oltre 120 presenze), riassumendo quanto detto nelle precedenti manifestazioni.

Verso le ore 14.45 l’organizzatore dichiara aperta la conferenza. Sono presenti l’Ing. A. Magenta, il Gen. S. Marcelletti, il dott. C. Malanga e il giornalista Rai G. Perrone.

Il dott. R. Pinotti e la giornalista P. Harris, sono seduti tra il pubblico.

Il primo relatore è G. Perrone. Ci assicura che le cose dette in questa bellissima sala è la prima volta che sono divulgate in modo pubblico. Tutte le informazioni dette nel corso della conferenza, per quanto difficilmente accettabili razionalmente, hanno basi storiche e certezze scientifiche. L’argomento trattato sono gli UFO nel passato di cui si trova traccia nella mistica indù, basata su antichissimi testi in sanscrito, che rappresentano una diversa concezione dell’uomo e dell’anima, oltre che forze e divinità. E’ molto difficile interpretare correttamente queste opere, che si dividono secondo livelli di conoscenza. I Veda sono divisi in 4 sezioni: Sama, Yajur, Rig e Atharva. Si tratta di testi oscuri per l’uomo comune, per cui il loro contenuto viene espresso in forma più comprensibile in due opere epico-storiche, il Mahabhata e il Ramayana di Valmiki. A livello intermedio troviamo la Bhagavad-glta, che racchiude l’essenza dei libri Upanishad e l’introduzione ai difficilissimi Vedanta-Sutras. Nell’oscura letteratura sacra dei Veda sono frequenti le allusioni alle Vimana, navi aeree utilizzate dagli dei e molto simili agli odierni UFO. Perrone trae spunto da un libro "2000 A.C. : distruzione atomica" scritto da un suo carissimo amico, il compianto D.W. Davenport. La storia è ambientata in India, e ci chiarisce subito che non è l’India degli incantatori di serpenti o della miseria di Calcutta, ma è l’altra faccia dell’India, quella misteriosa fatta di tradizioni e comportamenti sconosciuti e incomprensibili all’uomo occidentale, su cui esercita però una forte curiosità.

Il giornalista dice: «A scuola c’insegnano che la civiltà è nata in Mesopotamia con gli Assiri, i Babilonesi… ma è una visione molto ristretta: perché al di fuori di questo confine culturale ideologico che ci viene proposto, vi sono altre civiltà forse più antiche, come quell’indiana e le civiltà amerinde». Ci fornisce qualche indicazione su Davenport: «David William è nato in India, era un nobile, aveva il titolo di Conte ed era un Pari d’Inghilterra. Il padre era Capo del servizio di sicurezza in India. All’età di 4 anni è inviato in una scuola in cui si insegnava solo in sanscrito. Fu talmente erudito, che era in grado di parlare con il Pandit. A 18 anni entra nella Royal Air Force. Terminato il servizio, fu chiamato al servizio di Sua Maestà il famoso  MI5, il servizio segreto inglese. La sua curiosità e le sue origini lo hanno portato  a studiare gli antichi testi indiani rigorosamente in sanscrito da cui a tratto le informazioni per il suo lavoro. Lo colpiranno alcuni testi, che lui traduceva da solo, dove si narra di antiche genti, di guerre atomiche e di macchine volanti come le Vimana».

torv12.jpg (37378 byte) (il dott. Giulio Perrone)

Perrone ci spiega, che questo termine è composto dal prefisso "vi" che significa uccello o volare e dal suffisso "man" che significa luogo abitato costruito artificialmente: quindi Vimana significa uccello artificiale che vola. E’ curioso, come in tutti gli aerei della compagnia indiana ci sia scritto Viman rohan, cioè salire a bordo. Il giornalista ci fa osservare come il termine uomo derivi anch’esso dal sanscrito (uomo in inglese si dice man) raccontandoci una storia molto curiosa, comune però a tutte le civiltà e riportata su un testo indiano: «C’è un uomo che usciva da uno stagno, scorge nel cielo un angelo di luce, che gli dice tu man progredirai». Il relatore ci narra di come due gruppi alleati, scesero sulla Terra dopo la terza glaciazione (a quel tempo la popolazione era circa un milione) e si stabilirono in un luogo chiamato Giardino abitato dagli uomini. Adonai era il nome del capo di un gruppo, mentre sconosciuto era il nome del capo del secondo gruppo, distinto dal primo perché alti e biondi. Perrone ci indica che nella Bibbia ebraica, quella per intenderci fatta tradurre da Giacomo II re d’Inghilterra, viene chiamato con Adonai, il Signore degli Elohim, colui che fece il Cielo e la Terra. Oltre ad Adonai, vi era Shaddai. Questi gruppi, furono descritti con il nome di Giganti anche dalla Bibbia. È esauriente in proposito questa frase della Genesi: «In quei tempi c’erano sulla Terra i giganti, e questo dopo che i figli di Dio furono uniti con le figlie dell’uomo», ma abbiamo espliciti riferimenti là dove si parla del re Og di Bassan "l’ultimo rimasto dei giganti" il cui letto misurava 4,7 metri di lunghezza. Nel libro apocrifo di Enoch viene descritto con maggior dettaglio, come questi giganti presero le donne per procreare, di come ne nacque una guerra con gli uomini... Perrone continua dicendoci che dietro le nebbie delle enunciazioni e delle esegesi fatte dai vari commentatori della Bibbia, la realtà è molto simile a quella umana. Gli alti e biondi facevano la cosiddetta "politica", per cui prendevano accordi con le popolazioni della Terra, estraevano minerali, stringevano legami e si servivano degli uomini. All’uopo venivano incaricati alcuni individui chiamati bramini, di tenere i contatti con le persone, al fine di addestrarle. Nei libri storici indiani si narrano di guerre e conflitti, il più efferato di essi portò alla distruzione di Lanka, scoperta negli anni ’20 da un gruppo di archeologi inglesi, e che Davenport ritiene essere Mohenjo-Daro. L’antica città di Lanka, come narrato nel Ramayana, fu distrutta da un ordigno nucleare da teatro, ossia una piccola bomba atomica, usata per le guerre campali, circa 4000 anni prima di Cristo. Lanka nella lingua dravidica e in quella Telegu (parlata nel sud dell’India) significa isola. Questo significato testimonia come, le popolazioni che si insediarono in queste zone, gli ariani, siano anche passate per le regioni del Nord Europa, in cui isola e indicata appunto con il termine Lanka. Nel tredicesimo volume di un opera monumentale "I libri sacri degli hindu" testi di migliaia di anni, si parla di scienza militare. Nella pagina 235 vi è una singolare descrizione di armi di cui Perrone ci legge alcune righe: «Astra è ciò che è lanciato o fatto cadere per mezzo di incantesimi, macchine e fuoco. Satra è ogni altra arma, come spade, pugnali ecc. Astra è di due tipi, magica o tubolare. II re che desideri la vittoria, deve usare il tipo tubolare, laddove quello magico non esista, insieme ai Sastra. Gli esperti di strumenti militari conoscono vari tipi di Astra e di Sastra che variano di forma e di dimensione. La Nalika Astra (tubolare o cilindrica) è di due tipi: piccola e grande. La Nalika corta, o piccola, è uno strumento usato dalla fanteria e dalla cavalleria. Ha un grande foro orizzontale e uno, perpendicolare, alla base. E’ lunga cinque Vitastie. Ha una punta alla bocca e una alla base che sono usate per prendere di mira l’obiettivo. Il fuoco viene prodotto per mezzo di un meccanismo: all’interno contiene polvere da sparo ed ha un buon manico di legno robusto. Cinque palas di sale suvarachi (un sale simile all’allume), una pala di zolfo e una pala di carbone di legno di arka, snuhi ed altri alberi bruciati in modo da impedire la fuoruscita di fumo, devono essere purificati, polverizzati e mischiati assieme, quindi dissolti nel succo di snuhi, arka ed aglio, quindi essiccati con calore moderato e finalmente polverizzati come zucchero. Questa sostanza è la polvere da sparo». Perrone, continua: «I un altro libro il Ramayana sono descritte alcune armi che coincidono con quelle attuali in modo così simile da lasciare perplessi. Per esempio:

LAKSHYA: un’arma che può essere seguita nel suo corso (teleguidata?).

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MODANA: l’arma dell’inebriazione.

MOHA: l’arma che fa perdere conoscenza.

NANDANA: arma che produce gioia (gas esilarante?).

PRASVAPANA: arma che causa il sonno.

PRATIHARATARA: arma che neutralizza l’effetto delle altre armi.

SHATAGNI: l’arma che uccide a centinaia per volta.

SHOSHANA: arma usata per prosciugare le acque e per controbattere gli effetti della Varshana.

SOUMANVA: l’arma che controlla la mente.

VIDHUTA: 1’arma che vibra fortemente.

VINIDRA: l’arma che causa sonnolenza.

SANVARTA: l’arma che copre, appartiene a Kala (tempo) che la usa per distruggere i mondi.

TVASHTAR: 1’arma del caos, arma che possiede i poteri dell’architetto degli dei.

Nell’esaminare questo elenco, bisogna tenere presente che Valmiki, quando voleva parlare di armi normali usava i termini appropriati: spade, lancia, frecce, scudi e così via».

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Questi gruppi si servivano degli uomini per condurre delle piccole macchine volanti. Ne abbiamo notizie nel Vymanika-Shastra di circa 6000 emistichi o 3000 versi, rigorosamente in sanscrito. La descrizione è così particolareggiata che ne viene descritta la procedura di avvio del veicolo, una specie di "chech list" moderna, a cui fa da cornice un manuale di 32 segreti che il pilota doveva conoscere. Vengono mostrate delle diapositive di tali oggetti, ricostruiti graficamente sulla base della descrizione contenuta nei libri. In una è ritratta un oggetto a tre piani, più il ponte di comando. Sotto ci sono quattro sfere, simili a quelle dei ricognitori venusiani descritti da Adamsky. Si ipotizza che, questi non siano carrelli di atterraggio. L’ipotesi è basata sulla descrizione degli UFO attuali, che ricordano molto questi Vimana, i quali hanno queste sfere, ma non le usano per atterrare. Si precisa che questi veicoli, risultano essere lunghi circa 1800m, e che le sfere in questione, hanno le dimensioni di circa 200m. Interviene l’Ing. Magenta, che ha un ipotesi a riguardo. Osservando i disegni di queste sfere, e basandosi su alcuni studi, arriva ad ipotizzare che queste, altro non sono che motori elettromagnetici polifunzionali. La loro struttura ricorda quello di un acceleratore di particelle, ma la sua configurazione lo potrebbe far funzionare, anche da grosso condensatore. Se così fosse, si potrebbero spiegare anche i vari black-out, che si manifestano durante un avvistamento UFO. In un’altra diapositiva dell’astronave, Magenta, evidenzia degli oggetti simili ad antenne paraboliche, che sembrano servire proprio a captare segnali con frequenze elevate. Questo sospetto è avvalorato dal fatto che ve ne siano molte, analogamente ai nostri moduli spaziali, perché ogni antenna si occupa di un ben determinato range di frequenze. Magenta alternandosi con il Dott. Malanga, avanzano ipotesi sul funzionamento e la struttura del Vimana.

Perrone concludendo il suo intervento alita l’ardita ipotesi: «Per quanto si stenti ad ammetterlo, il contenuto epico-lirico e il piano morale di questi testi religiosi ci parlano di una civiltà tecnologica, le cui armi e i cui veicoli suggeriscono livelli ancora oggi irraggiungibili, e quindi per deduzione, di origine non terrestre. Gli autori di quei testi descrissero minuziosamente le Vimana ed il loro potere distruttivo. Forse, noi siamo ancora teatro di una guerra interplanetaria".

Tuosto concede la parola al dott. Malanga che insieme all’Ing. Magenta espongono un’ipotesi di lavoro, siglato con H.H.S. I due scienziati sono giunti a formulare la teoria di cui sopra, nel tentativo di capire e spiegare il comportamento degli UFO. Le attuali conoscenze fisiche, non spiegano come un presunto mezzo alieno, possa non solo percorrere miliardi di anni luce in un tempo "pratico", ma soprattutto a compiere accelerazioni istantanee. Sono partiti con l’osservare, che gli unici oggetti capaci di muoversi alla velocità della luce, sono appunto i fotoni. La proprietà che li differenzia dagli altri corpi, è che hanno massa gravitazionale irrilevante. Tale proprietà gli permette di non deviare lo spazio-tempo e quindi nel corso del moto, non portarsi dietro di se, la buca di potenziale che essi stessi creano. Malanga fa l’esempio del trapezista che cammina sulla rete (idealmente è il nostro spazio-tempo), lui compirà una grande fatica a muoversi, perché la buca dovuta al suo peso, viaggerà con lui, caratterizzandone il moto. «Una delle interpretazioni della teoria della relatività – prosegue il ricercatore – è legata al fatto che gli oggetti in grado di piegare lo spazio-tempo devono interagire fortemente con questo avendo, energie potenziali elevate in termini gravitometrici. Di solito si associa questo effetto ad una massa elevata e si associa la massa elevata al fatto che abbia tanta materia. Il pianeta Giove è talmente grande da indurre una sensibile deviazione dello spazio-tempo su cui poggia e provocare così la variazione di rotta dei fotoni che provengono da uno dei suoi satelliti, rendendolo visibile all’occhio umano ancor prima che sia uscito da dietro il pianeta stesso. Secondo il nostro punto di vista e la nostra ipotesi, non ci sono forze di diversa natura, se non la classificazione operata dall’uomo sulla base dell’intensità della forza stessa. Se a questi concetti associamo la teoria della relatività che non prevede forze ma solo deviazioni dello spazio-tempo, è possibile descrivere le forze come delle buche, come avvallamenti nello spazio-tempo, in cui gli oggetti si muoverebbero. La difficoltà di due oggetti nell’allontanarsi, sarebbe vista solo come incapacità degli oggetti stessi di uscire fuori dalla buca prodotta dalla vicendevole interazione». In fondo si trattava di vedere gli effetti fisici in un altro modo: se si voleva infatti, unificare la teoria dei campi, quindi delle forze, non ci si riusciva perché in questa descrizione, le forze erano diverse e spesso non potevano correlarsi. Bastava pensare invece che l’unificazione andava vista in un’altra ottica: le forze erano tutte scaturite dallo stessa causa e provocavano lo stesso effetto cioè la deviazione dalla linearità dello spazio-tempo. Unificare i campi voleva dire non tentare di unificare le forze poiché queste già lo erano, ma trovare quella causa comune che produceva forze cosi differenti.

Se volevamo mandare un oggetto alla velocità della luce dovevamo quindi trasformare l’oggetto in luce facendo scomparire l’effetto massa gravitazionale dell’oggetto stesso. Tutto ciò poteva essere fatto se la massa era qualcosa di apparente ma non di intrinseco all’oggetto stesso. Un oggetto fatto di fotoni quando si muove alla velocità della luce, avrebbe richiesto poca energia, avrebbe permesso accelerazioni istantanee e non avrebbe creato effetti devastanti in accelerazione, in quanto il fotone, "entro certi limiti" non interagisce con la materia. Siccome le forze dovevano avere tutte la stessa natura, la capacità di deviare lo spazio-tempo, sembrava suggerire che il fotone (quindi il campo elettromagnetico) e il gravitone4 (con la gravità) fossero legati. Questi due aspetti della realtà dovevano essere quindi intercambiabili tra loro, tenendo presenti le leggi della conservazione dell’energia nella sua più ampia accezione. Partendo da questa serie di osservazioni, Malanga e Magenta hanno tentato di riscrivere la descrizione del nostro universo provando una nuova strada che non cozzava con nessuna delle leggi oggi note, ma che le inquadrasse in una ottica percettiva differente. Ecco che nasce l’ipotesi del super spin, basato sul principio della rotazione e su quello dell’equivalenza energetica. Tale ipotesi afferma che la rotazione del campo energetico universale origina i tre campi: elettrico (E), magnetico (H), gravitazionale (G). Invece di pensare al normale spazio a quattro dimensioni, si pensa ad uno spazio a cinque dimensioni, dove accanto allo spazio e al tempo, compare anche l’energia. Con considerazioni geometriche, che non è il caso di analizzare in dettaglio, si può scrivere:

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dove a è legata alla velocità dell’oggetto, b dipende dal materiale, e A,B,C rispettivamente massa, tempo, energia. In questa formula sarebbero condensate le sue caratteristiche energetiche, quali il campo gravitazionale, campo elettrico e campo magnetico, utilizzando un solo parametro, cioè la rotazione. Secondo questo modello, dunque non esisterebbe nessuna particella subatomica, ma un luogo di punti che a seconda del vettore e versore rotazionale ascrivibile al luogo di punti in cui si manifesta la particella, fa apparire quest’ultima così come noi la percepiamo in quell’istante. La particella in effetti non c’è, ma si manifesta con il modo in cui lei ruota. La materia, la luce, il campo magnetico, il campo elettrico e la gravità, sono solo stati in cui l’Universo localmente viene percepito da noi osservatori, mentre noi stessi, i punti del dominio di figura 1 che caratterizzano i nostri corpi, siamo soggetti alle stesse leggi dando origine al principio di indeterminazione di Heisenberg (dice che tra un’osservabile ed un osservatore nasce uno strano rapporto di perturbazione, per cui l’osservatore avrà sempre una visione distorta di ciò che sta guardando): quindi la rotazione del punto o del luogo di punti è sull’asse dell’energia, e come risultato avremo, un effetto gravitazionale con produzione di piegamento dello spazio-tempo in quel luogo di punti. Tale deviazione sarà proporzionale all’intensità della rotazione, mentre il senso orario produrrà effetto di far apparire il luogo di punti come massa gravitazionale. L’inversione del senso di rotazione, produrrà invece antimassa. E’ interessante notare come la variazione di campo elettrico nel tempo produce si una variazione di campo magnetico, ma non di campo gravitazionale. Questa teoria, potrebbe spiegare 1’esistenza di cariche elettriche separate e di cariche magnetiche unite. Inoltre, il fatto che la rotazione è possibile in due sensi soltanto, spiegherebbe 1’esistenza di due sole cariche elettriche (+ e -) e di due soli campi magnetici (N e S). La massa "m" può esistere solo se c’è rotazione attorno all’asse delle energie. La massa è dunque rotazione. Ora si può cominciare a comprendere come sarebbe possibile prendere un corpo con massa m, cioè con rotazione attorno all’asse delle energie, bloccarne la rotazione attorno a questo asse e trasformarla in luce: per il principio di conservazione della rotazione, dovrebbe infatti comparire rotazione attorno all’asse dello spazio e del tempo, per cui l’effetto fisico a noi visibile sarebbe quello di aver trasformato materia in radiazione elettromagnetica cioè in luce. Ma il trasformare la materia in luce, avrebbe proprio ottenuto lo scopo di trasformare cose pesanti in fotoni e basterebbe poco per mandare un fotone alla velocità della luce visto che non possiede massa inerziale o che, se la possiede questa sembra trascurabile. Osserviamo che con questo tipo di trasformazione la materia diviene luce, ma i singoli aspetti di essa sarebbero rimasti inalterati (cariche attrattive e repulsive varie) consentendo alla materia di luce di rimanere aggregata.

Si spiegherebbe ora la non interazione di oggetti volanti non identificati con la materia e gli strani effetti luminosi, senza contare le accelerazioni infinite che solo i fotoni possono realizzare.

Effettuato lo spostamento 1’oggetto di luce potrebbe ritornare a manifestarsi quale materia ed il gioco sarebbe fatto. Con una tecnica analoga alcuni testimoni dicono di essere passati attraverso pareti di luce semitrasparente in differenti locali, di macchine volanti aliene.

Questo modello può anche spiegare come facciano gli ipotetici alieni a percorrere distanze enormi. Per far questo, l’ipotesi SSH prevede di ristrutturare l’universo in base ad alcune semplici considerazioni. Se l’unica cosa che governa il tutto è rappresentabile come un grado di libertà di rotazione, espandiamo questo concetto anche all’intero sistema. Poniamo 1’Universo nello spazio-tempo dal momento della sua creazione a quando tutto finirà. Avanziamo la seguente ipotesi: al momento della nascita dell’Universo, la teoria SS è puntiforme. Quindi uno schizzo di materia e di antimateria vengono proiettate sull’asse delle Energie in due sensi opposti. Il nostro Universo, è infatti disimmetrico ma si può ragionevolmente supporre che la disimmetrizzazione nel tempo diminuisca (terzo principio della termodinamica). Questo vuol dire che l’Universo è nato totalmente asimmetrico. Tuttavia, se si pensa che nell’Universo c’è poca materia, pochissima antimateria e quasi tutto vuoto, forse è probabile che in qualche altra parte vi sia antimateria ed in mezzo anche un asse di simmetria, piuttosto che accettare l’idea che ci sia più materia e quindi una asimmetria. L’universo sarebbe solo localmente non simmetrico, ma tutta la creazione avrebbe un centro di inversione e quindi un baricentro energetico. La materia si sarebbe posta a livelli quantizzati spaziata sull’asse delle Energie, l’unico esistente per il momento. Dopo un tempo pari al tempo di Planck, un tempo infinitesimamente piccolo per noi e non misurabile a causa dell’indeterminazione di Heisenberg, l’asse delle energie avrebbe cominciato a ruotare e contemporaneamente 1’Universo ad espandersi. Comincia così a scorrere il tempo e si crea l’asse dello spazio. Nel nostro modello l’Universo si espande con una velocità angolare:

w = d · j

dove d è la distanza dal centro di rotazione che si muove lungo l’asse del tempo e j è l’angolo radiale descritto nell’unità di tempo. Contemporaneamente il piano Universale ruota attorno all’asse delle energie con velocità:

w = r · W

b

dove r è la semiampiezza dell’Universo in quell’istante ed W l’angolo sotteso dalla rotazione attorno all’asse delle energie. Si può notare come la quantità di moto dell’Universo rimanga costante. Quando incomincia la rotazione intorno all’asse E, nascono dei punti di materia quantizzata, che danno luogo ad una serie di universi paralleli posti a distanza variabile, dal centro di rotazione situato sullo scorrere del tempo. Questi universi sono caratterizzati da contenuti di materia diversi tra loro e diminuenti mano a mano che ci si avvicina all’asse del tempo. In questi universi il tempo ed il suo variare sono in comune ma quello che è diverso è la quantità di spazio apparente: in realtà tutto è in scala con valori crescenti dal basso verso l’alto, per cui la velocità della luce, pur essendo diversa, appare all’osservatore posto in quell’universo sempre eguale anche a chi è in un altro universo. In parole povere gli universi, si differenziano per la frequenza di rotazione dei luoghi di punti che li compongono lungo l’asse dell’energia e dello spazio, ma non del tempo che è in comune per tutti. Gli universi non sono posti fisicamente in un altro luogo e, non sono visibili, perché la frequenza a cui vibra, quella che potrebbe essere chiamata materia, è fondamentalmente diversa dalla nostra frequenza: è come se qualcuno di noi tentasse di vedere le onde radio. Esse ci sono ma noi non le percepiamo visivamente. In quest’ottica la fine dell’Universo avverrà, quando tutti gli universi saranno così vicini sull’asse delle energie, da rendere compatibili le vibrazioni di tutti gli universi che si compenetreranno in quel momento. Ma in quel momento non ci sarà più materia (valore sull’asse di E uguale a zero), bensì solo radiazione elettromagnetica che si estinguerà con l’antiradiazione magnetica. Infatti non dobbiamo dimenticarci del nostro sistema speculare che è fatto di antimateria. Mentre il nostro Universo fatto di materia si espande verso l’alto, all’opposto farà l’antimateria, che formerà un cono sempre specularmente eguale a quello formato dalla materia e nello stesso attimo, in cui gli universi di materia si compenetreranno lo farà anche l’antimateria ed insieme materia ed antimateria, trasformati in radiazione ed antiradiazione annichiliranno. L’Universo così finirà di ruotare anche sull’asse del tempo e dello spazio, richiudendosi in un punto, come quando si spenge un televisore. Se il modello risulta essere corretto, ci fornisce una possibile strada per poter compiere viaggi spaziali. Rispettando opportune leggi di simmetria è possibile passare da un Universo all’altro: per esempio si può accedere ad un punto di un universo più alto collegando il punto di partenza con il centro di rotazione attorno all’asse del tempo . Infatti il punto di arrivo è l’unico che contiene tutti gli elementi di simmetria di quello di partenza. Per scendere, si può decidere di seguire il luogo di punti coperti da un angolo pari a j (cioè l’angolo sotteso dall’Universo in quel momento). II salto tra i due Universi paralleli è stato fatto a tempo fermo, come si può verificare dalla figura 3 e quindi l’effetto relativistico ottenuto è quello di scomparire da una parte e ricomparire da un’altra nello stesso universo a tempo zero cioè con velocità infinita. Va sottolineato che l’angolo j obbliga il viaggiatore tra un universo alto ed uno basso a non poter mai uscire dal sistema, rispettando tutti i principi di fisica corrente. Va altresì sottolineato che per passare da un universo all’altro è necessario modificare istantaneamente la vibrazione di tutti i luoghi di punti del nostro corpo e della macchina volante che ci circonda per renderla compatibile con l’universo in cui si vuol entrare. Questa operazione va fatta istantaneamente a tempo zero e bisogna conoscere le frequenze vibratorie di almeno un universo superiore al nostro.

L’ing. Magenta propone di aggiungere accanto alle quattro equazioni di Maxwell una quinta che tenga conto della presenza di campi gravitazionali, sfasati nello spazio e tempo rispetto a quelli elettromagnetici. Si può anche fare una semplice verifica di tale modello, calcolando la massa del fotone con la formula:

Una verifica sperimentale di tale valore sarebbe un’indiretta correttezza della teoria.

Un’ultima osservazione è legata alla rotazione e alla teoria dei frattali, per cui se le regole che valgono nel piccolo, valgono anche per il grande e ciò che vale per l’interno vale anche per l’esterno, si può dedurre la seguente ipotesi, che l’Universo sia costruito non con due semplici piani, uno di materia e l’altro di antimateria, ma con sette livelli di materia ed altrettanti di antimateria. II fatto che i livelli siano sette può essere messo in relazione ai sette livelli energetici degli elettroni secondo la teoria di Schroëdinger. La conclusione di tale teoria esposta è che l’Universo sarebbe nato da una rotazione iniziale dell’energia universale in cui coesistono i tre corpi E, H, G.

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Un interessantissimo dibattito si è sviluppato alla fine dell’intervento. Per motivi di tempo legati alla prenotazione dell’aula Seminari, siamo costretti a concludere la conferenza: in qualità di Presidente del C.U.N. il Gen. Marcelletti, ringrazia tutti i partecipanti per l’attenzione e per l’interesse mostrato, comunicando l’indirizzo del Centro Ufologico Nazionale per chi volesse avere maggiori informazioni e quello internet su cui sarà possibile visionare la teoria S.S.H. di cui si è discusso.

 torv18.jpg (101074 byte)(nella foto Stefano Tuosto, il gen.Marcelletti, il dott. Perrone, l'ing.Magenta e sotto il prof. Malanga)

n.b. la teoria dell "ssh spin si trova nella rubrica ricerche del  sito web cifas

Termina i lavori S. Tuosto, il quale ringrazia l’Università di Tor Vergata che ha permesso la realizzazione dell’iniziativa, i relatori e informa il pubblico, che forse ad ottobre si svolgerà un ulteriore incontro sul caso del Col. Corso, invitando gli studenti a formulare delle domande, a cui il colonnello risponderà tramite registrazione video, in quanto per motivi di salute, non può recarsi in Italia. La conferenza termina alle ore 19.15.

 

Dott. Stefano TUOSTO

ROMA Luglio 1998


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